Elisabetta Conti, docente universitario, P.P. e socia del R.C. Brescia (Distretto 2050).
Credo sia interessante confrontarsi su questi temi che riguardano la società, i giovani, il nostro rapporto genitoriale e di educatori in un mondo sempre meno reale e sempre più virtuale, grazie allo sviluppo incredibile della tecnologia.
Da genitore, insegnante e rotariana credo che nella società di oggi la mancanza di regole condivise porti ad una degenerazione del concetto di legalità, sempre più intensa, nel rapporto tra adulti e ragazzi, tra giovani e giovani, con la comparsa di fenomeni di devianza, di eccessi, e di cyberbullismo.
Posso dire che il mondo della scuola e dell’università, in questi ultimi anni, ha toccato tutte queste aree tematiche in sinergia con le diverse associazioni per la legalità e gli esperti della materia.
I docenti di tutte le discipline hanno promosso negli alunni la cultura della legalità, coinvolgendo spesso i genitori e la consulta provinciale degli studenti. Peraltro insegnare le regole del vivere e del convivere è per la scuola, da sempre, un compito ineludibile e la cultura è il principale strumento di educazione alla legalità.
La scuola infatti assume il ruolo di ambiente di tutela dei diritti e dei doveri, di pratica di cittadinanza attiva e di controllo di tutti i fenomeni antisociali, quali il bullismo ad esempio, sintomi chiari di disagio esistenziale che deve essere prevenuto e contenuto.
Il termine bullismo è la traduzione italiana dell’inglese “bullying” e viene definito come un’oppressione, psicologica o fisica, ripetuta e continuata nel tempo, perpetuata da una persona più potente nei confronti di un’altra percepita come più debole. Il fenomeno del bullismo include sia i comportamenti del persecutore sia quelli della vittima, sia quelli di coloro che guardano e che, con il loro atteggiamento, possono rinforzare o, al contrario, scoraggiare l’episodio di bullismo.
Come prevenire e contrastare il fenomeno del bullismo, le prepotenze tra alunni e contro i docenti? Ne esce un’interessante pubblicazione: “Il patto educativo di corresponsabilità tra scuola e famiglia (introdotto dal Decreto del Presidente della Repubblica 235/2007) – per una nuova alleanza educativa”(2008), per aprire nuove strade di intervento nella pratica quotidiana, per contrastare il fenomeno del bullismo e favorire la crescita positiva dei ragazzi, valorizzando le buone pratiche.
Per favorire una cultura dello “stare bene a scuola” esce nel 2009, a cura dell’ Osservatorio Regionale della Lombardia sul fenomeno del bullismo, un volumetto di proposte per la “Prevenzione e il contrasto delle prepotenze in classe contro i docenti, i disagi comportamentali e il bullismo tra i bambini e le condotte autolesive fra gli adolescenti”.
Analizzando meglio il fenomeno, ci rendiamo conto che il bullo vive in una situazione di difficoltà e non vuole crescere. Da numerose interviste da me fatte ai ragazzi, in merito alle situazioni di bullismo vissute, si ricava che il bullo non è mai solo, ma controlla il gruppo. La vittima è generalmente un ragazzo timido e che vive in uno stato di solitudine. Il bullismo femminile, poi, non è da meno: è più sottile, fisicamente meno violento, ma psicologicamente devastante.
L’ultima forma grave e difficile da controllare da parte dell’adulto è il Cyberbullismo, il bullismo elettronico, che dal piano reale si sposta su quello digitale, con la diffusione di sms, e-mail, messaggi in chat, immagini, mms, video, che sono offensivi o non rispettosi della riservatezza e della dignità altrui.
Il fenomeno, rispetto al bullismo tradizionale, si distingue per alcune peculiarità:
– la difficoltà per la vittima di risalire al molestatore;
-l’indebolimento delle remore morali, agevolato dalla possibilità di celarsi dietro un nickname;
– l’assenza di limiti spazio temporali, nel senso che il cyberbullismo investe la vittima ogni volta che questa si collega alla Rete.
Dall’indagine “I ragazzi e il Cyberbullismo”, realizzata da Ipsos per Save the Children nel 2013, attraverso 810 interviste con questionari compilati online da ragazzi di età compresa fra 12 e 17 anni, nel periodo che va dal 20 al 26 gennaio 2013, i 2/3 dei minori italiani riconoscono nel cyber bullismo la principale minaccia del proprio tempo.
Le ragazze ritengono che alcuni degli ultimi tragici fatti di cronaca (uccisioni o suicidi) siano molto (33%) o abbastanza (48%) connessi al fenomeno.
Per i giovani il cyberbullismo arriva a compromettere anche il rendimento scolastico (38%, che sale al 43% nel nord-ovest), erode la volontà di aggregazione della vittima, e può comportare serie conseguenze psicologiche come la depressione (57%, percentuale che sale al 63% nelle ragazze tra i 15 e i 17 anni, mentre si abbassa al 51% nel nord-est).
Tale fenomeno si presenta più pericoloso, nella nostra era, per il 72% dei ragazzi intervistati (percentuale che sale all’85% per i maschi tra i 12 e i 14 anni e al 77% nel sud e nelle isole) della droga (55%), del pericolo di subire una molestia da un adulto (44%) o del rischio di contrarre una malattia sessualmente trasmissibile (24%).
Nell’ordinamento giuridico italiano manca un inquadramento normativo specifico in materia di bullismo e cyberbullismo. Tuttavia, tale vuoto normativo viene colmato ricorrendo alle fattispecie esistenti. I comportamenti posti in essere possono produrre conseguenze sia sul piano civilistico sia su quello penalistico.
I reati che si possono configurare sono:
– percosse (art. 581 del codice penale),
– lesione personale (art. 582 del codice penale),
– ingiuria (art. 594 del codice penale),
-diffamazione (art. 595 del codice penale),
-violenza privata (art. 610 del codice penale),
-minaccia (art. 612 del codice penale),
-danneggiamento (art. 635 del codice penale).
Se l’autore è un minore di età ricompresa tra i 14 e i 18 anni, si applicheranno le norme del processo minorile. Per il minore che, nel momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i 14 anni, non essendo imputabile per l’ordinamento giuridico del nostro Paese (art. 97 del codice penale), possono essere adottate misure rieducative.
Per concludere, si può affermare che i ragazzi oggi sono più cibernetici degli adulti, ma i genitori e gli insegnanti possono aiutarli a crescere, seguendo il loro linguaggio ed i loro sistemi virtuali.
Il computer è uno strumento magico, un’immensa biblioteca virtuale: internet apre un mondo infinito, ma anche pericoloso! Potremmo abituare il giovane ad usare il computer ed internet con una password d’accesso, disponendo il PC in una stanza comune della casa, per controllare come, il bambino soprattutto, lo usa. Sarebbe utile rivedere, anche periodicamente, nell’hard disk i siti che ha visitato.
Ricordiamo che può scrivere o diffamare, magari con immagini, su Youtube o con i mezzi telematici più usati per questi scopi: le chat istantanee, le social network e i video sharing.
I giovani possono essere invece vittime di adescatori, che si dedicano al cyberfishing.
Ricordiamo che la Polizia Postale ha approntato molti progetti in tema di sicurezza nella navigazione in internet e persegue i reati cibernetici con sanzioni penali.
Che cosa può fare il Rotary per aiutare a prevenire questo preoccupante fenomeno? Le formazioni sociali più agevolate e attente, come il Rotary, sono oggi più che mai chiamate a concorrere ad azioni di pubblico interesse per sensibilizzare verso le situazioni di disagio presenti nella società, per migliorare la qualità della vita di coloro che vivono nella stessa comunità, nel caso specifico il Rotary International potrebbe diffondere, attraverso i suoi canali di informazione ed il Rotaract, tutte queste informazioni volte a tutelare i soggetti potenzialmente destinatari dei messaggi devianti, vittime della società cibernetica.