Luciano Viola, imprenditore, P.P. e socio del R.C. Voghera (Distretto 2050).
Il futuro apporto europeo dovrà essere per una maggiore certezza del dirittonelle transazioni internazionali non dettate solo dalla potenza di un contraente.
La globalizzazione non è un fenomeno solo del nostro tempo. Basti pensare alle migrazioni asiatiche che ridisegnarono il volto di gran parte del mondo o agli imperi durati da 1000 a 4000 anni. Neanche il mondo medioevale fu immune da logiche e dinamiche globalizzanti.
Oggi la globalizzazione sembra interessare prevalentemente la sfera economica e sotto questa ottica, guardando la storia del capitalismo, la globalizzazione economica può essere letta come uno sviluppo già scritto nel suo DNA. Uno sviluppo annunciato da sempre, che si è affermato per gradi nel superamento dei limiti imposti dalla spazialità e dal localismo. La globalizzazione mostra di muovere il mondo verso standard sempre più elevati di efficienza. Questa tendenza è da attribuire alla crescente centralità del mercato come organizzatore di relazioni sociali. Non è solo cultura della concorrenza. Ciò che contribuisce a fare dell’efficienza un vincolo sempre più forte sono le accorciate distanze geografiche. In un mondo connesso dai fili della globalizzazione, nicchie e zone protette, immuni dalla concorrenza, resistono con sempre maggiore difficoltà. La ricerca di efficienza, se pur guidata dall’economia, si fa sentire in tutti i campi.
Anche la comunicazione, facendosi transnazionale, si trova di fronte all’esigenza di diventare più efficiente. Questa crescita, allargando gli spazi, mette in circolo parole, concetti, idee che sono impregnati di tradizioni, di riferimenti specifici, di dimensioni localistiche e pertanto il rischio di “fraintendimenti”, di equivoci, di distorsioni interpretative assedia la comunicazione e l’azione delle società globalizzate.
La globalizzazione in quanto transnazionale frammenta la sovranità e modifica le modalità di produzione e di funzionamento delle regole giuridiche. Avremo pertanto una “americanizzazione” del diritto che viene piegato a logica privatistica, in quanto questa filosofia giuridica favorisce la continua espansione delle pratiche commerciali attraverso i costumi, gli usi e gli accordi, come è nello spirito dei principi della “Common Law” americana. È quindi ipotizzabile pensare ad una nuova Lex Mercatoria, fuori dalle tradizioni e dalle consuetudini così come noi europei intendiamo il diritto in quanto struttura che governa la società e gli garantisce ordine e prevedibilità.
Lo slancio della New Economy americana ha fortemente spinto verso la globalizzazione dell’economia. L’Europa ha subito uno e l’altro; vi è una posta in gioco che non può ora vincere ma neppure perdere e quindi dovrà impegnarsi a fondo: ne va del suo ruolo mondiale. Il futuro apporto europeo nel diritto internazionale dovrà essere per una maggiore certezza del diritto nelle transazioni internazionali non dettate solo dalla potenza di un contraente.
A conclusione viene spontanea una domanda: è pensabile un’Etica globale da tutti accettata?
È più verosimile ritenere che andremo (se già non ci siamo) verso un sistema in cui prevarrà il rischio e l’incertezza e pertanto l’Etica sarà confinata a modelli locali più ancora che nazionali.