Estratto dell’articolo del compianto Antonio Maria Manfredi, già socio del R.C. Piacenza Farnese (Distretto 2050), sulla rivista Rotary n. 13 del 1999.
… omissis … L’intero Ottocento era stato dominato da una sorta di rattrappimento della fiducia nella certezza del conoscere, per quella cesura antimetafisica dogmaticamente dichiarata da Kant. Un secolo intero di rinuncia, o di rifiuto, del dato oggettivo e una forsennata architettura del pensare in se stesso e su se stesso, in un labirinto soggettivistico incontenibile.
… omissis … Questo, tuttavia, non impedì il riemergere ed i crescere di numerose forme di pensiero che, pur in sudditanza al divieto kantiano ad ogni metafisica dell’essere, si proposero di battere il territorio filosofico partendo da ispirazioni volontaristiche, psicologiche, pragmatistiche, approdando a limitate ma rasserenanti “certezze”: le varie filosofie dell’intuizione, dell’azione, del fatto, del contingente, delle volontà, del concreto.
… omissis … In questo itinerario si pone una singolare filosofia che nasce nel nord America e che raccoglie la confluenza di esigenze filosofiche e di vita reale, individuandole nel “fatto”, nel pragma. La veridicità di una posizione di pensiero si rivela nella verità e nella constatabilità stessa del fatto, come punto inestinguibile del cammino riflessivo ed attivo: il pensiero non è che lo strumento dell’azione; è la volontà che determina l’azione: questo è il motivo fondante del pragmatismo, per il quale la verità di un principio risiede nelle conseguenze pratiche che esso è capace di produrre. Per il pragmatismo i fatti non sono elementi che si impongono dall’esterno, ma portano l’impronta della nostra attività costruttiva e organizzatrice. Per il pragmatismo una teoria scientifica, una credenza religiosa, un sistema filosofico sono veri se sono utili.
… omissis …Il pragmatismo fu veramente il pensiero che interpreta la mentalità nordamericana, di provenienza calvinistica, in uno sfondo di attivismo quasi febbrile, di rapporti di utilità mercantilistica, di valorizzazione dei fatti, delle iniziative, del pragma; lontano dagli ascetismi, dalle mozioni mistiche e interiori, ma spinto verso la concretezza e la attivistica decisionalità del vivere quotidiano, pur in una prospettiva di un’utile trascendenza, lontana tuttavia dal cuore e spoglia di realtà psicologiche, forse agguerrita di norme dure, come il calvinismo puritano sostenne per la vita delle comunità pioneristiche del nord America.
E’ singolare che questa filosofia, così statunitense, sia nata negli stessi anni, o poco prima, nei quali Paul Harris fondò il Rotary (1905), con scopi di attivismo umanitario e fortemente legato alle realtà della vita professionale e concreta dei suoi seguaci.
Sono gli stessi anni della diffusione anche in Europa del pragmatismo e la filosofia che sottende a questa nuova ed originale associazione americana, che è il Rotary, è proprio la valorizzazione del “fare”, dell’attività professionale, sociale, civile in una specie di connettivo costituito dall’amicizia e dallo spirito filantropico. Una “filosofia”, dunque, di ispirazione volontaristica e con un profilo di entusiasmo attivistico: un pragmatismo civile e professionale (che il Rotary integra con il concetto solidale di servizio, che tenta di superare l’idea ottocentesca della darwiniana lotta per la vita, e quella novecentesca sindacal-marxista di lotta di classe), dove vengono apprezzati valori di tradizione e di innovazione.
… omissis … Certi valori hanno resistito allo sviluppo della vita sociale ed alle grandi crisi ideologiche? La scienza ha più volte dichiarato la propria non assolutezza; la tecnica si rivela temibile per la crescita morale e per l’equilibrio civile della società umana… Sono sufficienti i valori contenuti nella filantropia un pò illuministica e un pò laicistica per rispondere all’attesa dell’umanità (un’attesa di certezze più interiori e morali che civili, più spirituali che di esclusivo benessere sociale)?.
Sembra che la filosofia del “fare” e che il pragmatismo nato “insieme” al Rotary all’inizio del Novecento si possano ben integrare con qualcosa di più essenziale e profondo e interiore; il ritorno di quella “metafisica” rifiutata dall’Ottocento ed ignorata dal Novecento, che ha come radice la natura misteriosa dell’uomo e dell’essere.